Cosa resta della serie A – il caso Miilinkovic Savic e non solo

Sembra tutto fatto per l’ennesimo colpo in uscita dalla Serie A. Ma è solo il sintomo di un fenomeno molto più grande…

Il calcio italiano è sconvolto in questi giorni da trattative di mercato che stanno scippando a suon di milioni tutti i suoi beniamini. Dopo Tonali al Newcastle, succede che anche il sergente Milinkovic – Savic sia pronto a lasciare tante vedove nei sogni di chi lo voleva in maglia a strisce per volare, addirittura, in Arabia. Solo 11 giorni dall’inizio del mercato, ma siamo già nel dramma: vediamo Cosa Resta della serie A.

I sogni son desideri

I sogni son desideri, di felicità cantava Cenerentola. La società in cui viviamo ci ha insegnato (forse troppo spesso) a legare i sogni al concetto di realizzazione lavorativa, di ambizione al massimo traguardo possibile che possa davvero certificare il nostro tanto agognato successo. Anche nel calcio è così, con i giocatori che spesso in fase di presentazione non vedono l’ora di esprimere quanto proprio la loro nuova squadra fosse esattamente la configurazione del loro sogno da bambini, il traguardo più bello immaginato fin dai primi calci ad un pallone.

Ora, a volte è anche facile che sia così: arrivare a giocare in Camiseta blanca, in rosso Red Devils o nelle varie sfumature dopo il nero che le strisce della serie A propongono è sicuramente un’ambizione grande, ma i movimenti degli ultimi tempi mettono in crisi anche questo aspetto. Perché, ora, pensare che l’Al – Hilal possa rappresentare il sogno di mezz’estate di qualcuno, risulta un po’ difficile. Eppure è così, pare. Allora ci dev’essere un’altra spiegazione, perché se i sogni son desideri di felicità, forse, il tutto è legato al concetto di felicità stessa e alla sua stretta parentela con il dio danaro, che non sarà la felicità in sé, ma un po’ la aiuta. Ahi ahi ahi. I sogni son desideri, di felicità.

Al – Hilal, ph. Getty Images

“Good” save the King

Da anni ci spacciano il campionato inglese come il migliore del mondo, per competitività ed attrattività verso i campioni che fanno a gara per raggiungerlo lasciando le briciole a tutte le altre top leghe europee.

Poi succede che i “cugini” dei plurimilionari patroni arabi delle top squadre “inglesi” decidano, per manovra governativa o quasi, di trasformare la Saudi Professional League non più nel dorato cimitero degli elefanti com’era considerata fino a poco tempo fa (specie dopo lo sbarco di CR7), ma in una vera e propria passerella contesa dalle prime ballerine del calcio di tutto il mondo, pronte a visitare l’Arabia per dare una svolta esotica alla propria già faraonica vita. Poveri inglesi, mica se l’aspettavano. “Good” save the King.

La situazione non è poi così grave

Ok, il calcio italiano vive un’emorragia di campioni da anni, scippati dallo strapotere economico e ormai anche dall’attrattività di campionati che nemmeno conoscevamo.


Ok, l’amore per gli azzurri è fermo alla riproposizione di un abbraccio tra Pirlo e Cannavaro che ci riporta all’estate di 17 anni fa, quando un cielo azzurro sopra Berlino ci ricordò quanto siamo bravi a risorgere dalle ceneri uscendone vincitori.


Ok, l’orgoglio del nostro calcio rimane racchiuso in 3 finali su tre coppe europee conquistate ma perse “a testa alta”, in un labile barlume di competitività proveniente dai 3 vincitori diversi dello scudetto negli ultimi 3 anni e dai diritti televisivi in saldo a vagonate di milioni perché ormai unica leva per sostenere il sistema.


Ma siamo troppo bravi per fermarci, guardare tutto e mettere mano alla riforme.
In fondo, alzando la testa, il cielo sopra di noi è ancora azzurro.
La situazione non è poi così grave.

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