Lucioni, il Frosinone, il Lecce ed i modelli del calcio di provincia

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Quella dei ciociari è solo l’ennesima storia di calcio che racconta come con lungimiranza e programmazione anche la provincia può fare ancora bene nel business del calcio moderno.

Tre promozioni in A negli ultimi 8 anni. Che significa trionfi, ripartenze, cadute e nuove gioie. Ma significa anche solidità, programmazione ed anche tanta voglia di fare calcio in maniera diversa rispetto alle tendenze attuali. Si perché il Frosinone del presidente Maurizio Stirpe e del direttore dell’Area tecnica ( ex Lecce) Guido Angelozzi non era di certo tra le favorite di questa serie B. Un campionato, mai come quest’anno, pieno di squadre blasonate, di super budget sul mercato, di campioni scesi in cadetteria da palcoscenici più importanti attratti da lauti ingaggi e dalla possibilità di far rinascere le grandi squadre delle città decadute dalla serie A.

A Frosinone, invece, hanno deciso di puntare su altro. Su Fabio Grosso, allenatore spesso criticato, che arrivando da esperienze non facili si è calato con umiltà nella realtà ciociara che in due anni e mezzo ha portato alla salvezza, ad un deludente nono posto ma anche alla promozione di quest’anno. Su di un gruppo di ragazzi giovani ed italiani, come Mulattieri, Caso, Moro, Frabotta, il portiere Turati o l’ex Lecce primavera Monterisi. Ma anche su gente esperta che conosce la categoria, capitanata da Lucioni, alla terza promozione da capitano e alla seconda consecutiva dopo quella dello scorso anno con il Lecce.

Il presidente dell’US Lecce Saverio Sticchi Damiani


Una società che lavora da anni su progetti e prospettive, con uno stadio di proprietà ( il Benito Stirpe) ed una formazione primavera che è a ridosso di quella del Lecce nelle prime posizioni del campionato di categoria.

Al di là degli ex sono tante le similitudini tra ciociari e giallorossi del presidente Sticchi Damiani: due società che tra giovani ed investimenti stanno costruendo realtà nuove ma anche antiche, per un calcio di provincia che si riscopre buona scuola per uno sport ormai sempre più vicino al mondo del business piuttosto che a quelli della progettualità e dell’etica.

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